Angiolina Macrì
Racconti
Il bambino e il capriolo
C’ era una volta un piccolo bosco fatato, dove regnavano gioia e serenità, abitato da animali bellissimi , forti e coraggiosi: daini, orsetti , gatti, cani, pantere, leoncini; per ogni specie c’era un cucciolo, ed erano tutti amici fra loro, dal più piccolo al più grande. In questo bosco scorreva un bellissimo ruscello, con acqua fresca e limpidissima, circondato da tanto verde e da fiori molto belli.
Gli abitanti del paese vicino, quando desideravano un po’ di tranquillità si recavano in questo bosco, a fare dei pic-nic. Quando andavano via avevano cura di lasciare sempre tutto pulito, perché era davvero un posto da preservare, dove si respirava aria pulita.
Un giorno, vicino al ruscello, passò un bellissimo e leggiadro capriolo, che improvvisamente si fermò poiché aveva udito uno strano suono, a lui poco familiare. Pian piano si avvicinò sempre più e poi si arrestò stupito per parecchi minuti, tanto fu lo stupore nell’osservare ciò che gli stava innanzi!
Il capriolo si avvicinò cauto, quasi incredulo: tutto si sarebbe aspettato di vedere tranne ciò che vide: un cucciolo d’uomo, di pochi mesi, adagiato ai piedi di un maestoso albero. Il capriolo realizzò che il rumore che aveva sentito altro non era che il suo pianto, un pianto disperato.
Il capriolo restò a fissare il piccolo, chiedendosi cosa potesse fare lui. In fondo lui era soltanto un capriolo!
Non avrebbe potuto prenderlo tra le sue “braccia”, ne tantomeno trascinarlo per una gambina dal bosco al paese più vicino… Si accovacciò pertanto accanto al piccolo e prese a leccarlo teneramente, cercando di fargli sentire la sua presenza “materna”. Sapeva che questa non sarebbe stata la soluzione al problema, ma intanto il piccolo, rassicurato, smise di piangere e si addormentò. E con lui cadde in un sonno profondo anche il capriolo.
Dopo molte ore il capriolo fu svegliato dai vagiti del bimbo. Si disse, il capriolo, che qualcosa doveva escogitarla. Fu così che, osservando alcuni legnetti sparsi qua e là nei dintorni, gli venne un’idea: raccoglierli col suo tenero musetto e legarli con delle liane, in modo da costruire una piccola culla. Dopo aver faticosamente portato a termine la costruzione, vi adagiò sopra dell’erba, in modo da rendere soffice la superficie sulla quale adagiare il neonato.
Ora che la culla era pronta, doveva prendere il bimbo e adagiarvelo su. Con il suo musetto, pian pianino, lo prese per il vestitino, lo sollevò e in un battibaleno ecco il bellissimo bimbo nel suo comodo lettino . Ad una estremità aveva fissato un ‘altra lunga liana in modo che potesse facilmente trascinarla afferrandola con i suoi denti. A questo punto il capriolo iniziò il suo viaggio verso il paese. Cammina ,cammina vide le prime case. Intanto però il bambino piangeva sempre più forte, principalmente a causa della fame.
Accadde per fortuna che alcuni bambini che giocavano a non molta distanza, udirono il pianto del bimbo e accorsero incuriositi: grande fu il loro stupore nell’osservare la scena: un capriolo che trascinava un neonato su una rudimentale culla! Dopo qualche attimo di smarrimento, essi iniziarono a correre verso le loro abitazioni per avvertire i genitori. Ma di chi era quel bimbo? Nessuno nel paese, dove presto si diffuse la voce di tale strano ritrovamento, sapeva dir nulla.
Il mistero, cari bambini che leggete questa favola, è presto svelato: quel bimbo altri non era che il figlio nato dalla fata del bosco, che lo aveva voluto dare in dono agli abitanti del paese, che lo avrebbero accolto in casa loro, fatto crescere, facendolo diventare un uomo forte, coraggioso, amante degli animali e della natura.
E cosi fu’ , il bambino crebbe e si fece uomo. Egli spesso tornava spesso nel bosco a giocare con il capriolo, eroe di questa fantastica storia. Gli voleva un gran bene per ciò che aveva fatto per lui: gli doveva la vita.
Nessuno degli abitanti seppe mai la verità e nemmeno il bambino seppe mai la sua vera storia.
Ma da quel giorno, ogni qual volta qualcuno si recava nel bosco, veniva avvolto da una meravigliosa melodia e restava abbagliato dalla bellezza che gli alberi emanavano; le loro chiome erano sempre lucenti, brillanti e rigogliose.
E tutto ciò per merito della fata, che volle così dimostrare il suo amore al figlio e rinsaldare il legame tra gli umani, uomini o animali che fossero, e tra loro e il bosco.
Da allora, esseri umani e animali furono sempre amici, aiutandosi l’uno con l’altro, diventando tutt‘uno con la natura e ciò che essa offriva.
La fata ne fu felice e tutti vissero felici e contenti, circondati da tanto amore reciproco.
Fine.
Un arrivo inaspettato a Pacificlandia
Tanti e tanti anni fa una famiglia composta di mamma, papà e due figli, un bambino di dieci anni e una bimba di otto, furono costretti a fare una scelta molto ma molto difficile.
Ma cominciamo dall’inizio. La famiglia della quale sto parlando era molto ricca, non le mancava proprio nulla. Vivevano nel lusso più totale, il papà, (il suo nome è Boris) faceva un lavoro di prestigio e di grande responsabilità, la serenità di un’intera città dipendeva da lui, perciò il suo guadagno economico era enorme.
La mamma (il suo nome è Giselle) lavorava a casa. Tesseva splendidi vestiti da sposa e anche gli accessori erano fatti personalmente da lei. Le spose di tutta la città erano vestite da questa bravissima e giovane stilista ed erano le più belle, anche dei paesi vicini. Perciò molte ragazze che si dovevano sposare, andavano da Giselle per il loro abito da sposa, facendo tanti e tanti chilometri pur di avere il vestito più bello ed esclusivo.
I bambini, andavano a scuola (i loro nomi: Leo il bambino e Susy la bimba) ed erano i più bravi e attenti della loro classe. Studiavano molto e leggevano di tutto, erano sempre molto curiosi e se qualcosa non la capivano, chiedevano con umiltà, non si vergognavano di nulla, perché i genitori avevano insegnato loro il senso del rispetto e dell’umiltà. Il papà diceva loro: non vergognatevi mai di chiedere, avrete solo da imparare… i bambini ascoltavano ed eseguivano sempre i consigli dei genitori.
Avevano molti giocattoli che dividevano con i bambini più poveri, si divertivano tanto e non facevano mai pesare a nessuno di quei bambini la loro condizione di vita superiore, erano uguali in tutto e per tutto: un esempio, il vestito più bello e costoso lo indossavano come se fosse qualcosa di semplice e a buon mercato, insomma non si davano arie mai e per nessun motivo.
Erano amati da tutti…ma…si ce’ un ma. In città qualcuno cominciava a guardarli con invidia e gelosia, un collega di Boris, molto invidioso, decise di creare un grossissimo problema alla ditta dove Boris lavorava provocando guai alla città, dato che era la più grande società del paese.
In poco tempo Boris e la sua famiglia persero tutto. Fu così che con coraggio e l’amore che provavano l’uno per l’altro, decisero, tutti insieme di partire ,e dopo tanto cammino, approdarono in una strana ma bella città: la città di Pacificlandia.
Ecco qui. Boris e la sua famiglia erano giunti a destinazione: una città davvero sorprendente, nessun rumore, nessun movimento , le strade erano vuote, la famiglia si guardava l’uno con l’altro con occhi sorpresi e interrogativi, si chiedevano: ma possibile che qui non vi abita nessuno?
Ma che sia una città fantasma? I bambini cominciavano ad avere paura. Susy tirando la camicia del papà lo supplicava di andare via, quello strano silenzio le incuteva molto timore. Boris la abbracciò e le disse: tranquilla figlia mia…ora scopriremo, dove sono gli abitanti di questa città. Mai soffermarsi alla prima apparenza.
Era comunque una bella città tutta circondata di verde e con delle bellissime case ,tutte uguali e colorate. Cominciarono a perlustrare la zona e a un certo punto sentirono canticchiare ,una canzone che faceva circa così:
*A lavorar gh’andèm prima matina,
A lavorar la terra par bonificarl
parché la daga pane,
parché la daga pace,
par sti putin che i pussa cgnòsar
cossa sia la vita.
Che significa : A lavorar andiamo di prima mattina
A lavorar la terra per bonificarla
affinché lei dia il pane
affinché lei dia la pace
per questi bambini che possano conoscere
cosa sia la vita*
*(canzoncina presa dal web)
Tutti insieme gli abitanti di Pacificlandia cantavano questa canzone, ridendo felici e contenti.
All’improvviso sentendosi osservati ,si girarono e guardarono verso i nuovi arrivati.
Ma chi sono queste persone ? Cosa vogliono qui? Sono vestiti così bene…forse si sono persi.
Uno di loro si allontanò dal campo, dove stava lavorando e chiese: come mai da queste parti ? cosa volete?
Boris si avvicinò,salutò educatamente e spiegò la situazione : Siamo qui perché cerchiamo una casa e un lavoro, non abbiamo più nulla.
A questo punto tutti i contadini si avvicinarono, osservando intensamente ora l’uno ora l’altro, poi uno di loro ,chiese ancora: ma lei , cosa sa fare?
Questa è la città di Pacificlandia, qui ci si sveglia presto la mattina ,si zappa la terra ,si coltiva ,si raccolgono i frutti della terra, si accudiscono gli animali. Qui viviamo solo con l’uso dei nostri prodotti, non esistono giochi lussuosi, macchine di gran moda ,né pellicce né altro.
Qui si vive solo a contatto con la natura, la sua bellezza incontaminata e…alt , disse a questo punto Boris.
Boris aveva interrotto il contadino che stava spiegando a lui e alla sua famiglia la vita di campagna: umile ,faticosa ma allo stesso tempo molto generosa di prodotti buoni e genuini, niente a che vedere con la vita cittadina.
Boris parlò loro, dicendo: io, sinceramente, e nemmeno la mia famiglia ,sappiamo cosa significa vivere in campagna, lavorando la terra per ottenere con tanta fatica i suoi frutti.
Non so come si accudisce un animale , come allevarlo ,come prendere il latte o fare il formaggio, fino adesso abbiamo condotto una vita facile, vivendo con tutte le comodità di questo mondo ma vi posso assicurare che sia io che la mia famiglia faremo di tutto per imparare il duro lavoro della fattoria e a convivere civilmente e armoniosamente con tutti voi, ma ci dovrete dare una possibilità ,per poterlo provare.
I contadini sorridevano soddisfatti, avevano capito che Boris e la sua famiglia erano persone davvero in gamba, perciò con una stretta di mano , furono tutti concordi a offrirgli una casa e un pezzetto di terra tutto suo da coltivare: avevano dato loro solo uno di ogni seme, uno di ogni animale, uno di ogni albero e uno di ogni attrezzo che serviva per cominciare. Ecco ,questo è tutto ciò che ti possiamo dare, ora tocca a te: datti da fare e la tua fattoria diventerà splendida e ne sarai orgoglioso e anche la tua famiglia.
Boris ringraziò ,prese i doni e andò verso quella che da quel momento in poi sarebbe stata la sua casa.
Il terreno era brullo, la casa che cadeva a pezzi, si disse: qui ci vuole olio di gomito. Cominciarono insieme a lavorare notte e giorno ,giorno e notte, finché i frutti del loro impegno e sacrificio cominciarono a vedersi. La casa era diventata bellissima, il terreno incolto ora era pieno di buonissimi prodotti, gli alberi pieni di frutti, gli animali moltiplicati …e che buonissimo profumo di fiori…e si ,Boris e la sua famiglia ce l’avevano fatta.
Decise , a quel punto di dare una festa, come segno di ringraziamento ai suoi vicini e amici contadini.
Tutti i contadini andarono alla festa e si stavano divertendo molto ma all’improvviso …all’improvviso udirono dei passi spaventosi……bum bum…la terra tremava e loro impauriti si strinsero in un abbraccio d’incoraggiamento…si chiedevano ma cosa sarà mai? Si, da dove provenivano quei rumori paurosi e insoliti per la città di Pacificlandia?
Mamma mia…che paura! Tonf Tonf bum bum i passi sempre più pesanti e paurosi si avvicinavano nella città di Pacificlandia …erano tutti immobili , paralizzati dalla paura.
I più piccoli stringendosi ai genitori sussurravano : è la fine ,è la fine, nessuno potrà più salvarci…e ,intanto: bum bum bum , tonf tonf tonf tonf…ecco , ora oltre ai passi i contadini di Pacificlandia ,cominciarono a vedere qualcosa avvicinarsi , sempre di più , sempre più vicini , sempre più minacciosi e ora si poteva sentire anche la loro orribile risata : ahahahaha, ahahahahahah …presto ! disse Boris dobbiamo trovare un sistema di difesa, e si , ma cosa? risposero gli altri , balbettando. Ora basta!!disse Boris se stiamo qui fermi di sicuro non troveremo nulla ,disse ancora
Boris…all’improvviso Susy ,gridò : guardate, guardate laggiù: enormi esseri pelosi e spaventosi si stavano avvicinando , con ghigni sempre più spaventosi e dalla loro espressione si capiva che non erano in visita amichevole: urlavano a squarciagola e uno di loro disse: distruggiamo tutto!! niente deve rimanere di questa favolosa città : qui c è troppa felicità, troppa sintonia , troppo amore e amicizia…no, questa ‘città’ deve sparire!!!
Gli abitanti di Pacificlandia ,di fronte a questo orrore continuavano a rimanere li ,impietriti e tremanti…
Intanto l’essere peloso più brutto e temibile ,di nome Totorum ,cominciò a lanciare fiamme con l’evidente scopo di bruciare la città…i suoi amici
lo seguivano distruggendo tutto ciò che trovavano davanti a loro …ad un certo punto uno strano silenzio ,ci fu nella città .ma ..che stava succedendo?
Boris aveva avuto un ‘ idea ,fecero un cerchio dentro un altro cerchio. Nel cerchio interno c’erano tutti i bambini, che si tenevano per mano, nel cerchio esterno gli adulti ,anche tutti loro si presero per mano e facendo una specie di giro girotondo ,si misero a cantare questa canzone:
“ tutti amici noi siamo”
per mano ci teniamo
e tanto bene ,si , noi ci vogliamo
lala la lala la lala…
la paura e il male noi combattiamo,
con la forza del nostro affetto e…
con la forza dell’amore
che l’uno per l’altro noi proviamo…
e il male vinceremo …si si si
lala lala lalalala lala lala lalalala.
All’udire queste parole quegli esseri mostruosi , cominciarono a gridare in modo pauroso , perché non sopportavano parole come amore e amicizia, collaborazione e altruismo così piano piano si disintegrarono e di loro non rimase più nulla.
Gli abitanti di Pacificlandia ,finalmente erano liberi , si abbracciarono felici ,consapevoli che da quel momento in poi ,nulla più avrebbe turbato la loro serenità.
Boris aveva vinto anche questa battaglia e questo ci insegna che dove’ c’ è amore e collaborazione il male perderà sempre e il bene regnerà sempre.
Pacificlandia da quel momento fu la citta più amorevole e tranquilla di tutto il regno e vissero tutti felici e contenti.
Il mio racconto si conclude così.